29 ottobre 2014

Il 1° novembre PRESIDIO di solidarietà alle donne Kurde


Aderiamo all'APPELLO URGENTE per
Manifestazione globale contro ISIS
 per Kobanê – per l’Umanità!

1 novembre ore 15,30 presidio

 in piazza Ravegnana
Bologna





SOLIDARIETA' E SORELLANZA CON LE DONNE KURDE CHE LOTTANO DA ANNI PER LA PROPRIA LIBERTA' E AUTODETERMINAZIONE E PER LA LIBERTA' DEL PROPRIO POPOLO


Dilar Dirik attivista della causa curda e ricercatrice a Cambridge
“L’ISIS è forza d’impatto della modernità capitalista, e le donne curde costruiscono la modernità democratica
“Kobane potrebbe modificare il corso della storia. È una battaglia cruciale che va oltre l’Isis. L’intero sistema del Rojava offre una prospettiva nuova alla popolazione e lo fa proprio nel mezzo di un conflitto orribile, che sta costando troppe vite”.
“Le donne curde che hanno preso le armi, simboli tradizionali del potere maschile – continua l’attivista – sfidano l’ideologia dell’Isis. Non rappresentano una minaccia per la loro capacità bellica, ma per il potere trasformativo del loro progetto di emancipazione politica e sociale. Vogliono cambiare la società e vogliono essere incluse. Queste donne lottano per la propria esistenza e per il proprio futuro, e la loro lotta è una sfida all’ordine sociale e alla mentalità patriarcale. Per questa va sostenuta seriamente, è più efficace dei bombardamenti Usa contro l’Isis”.

DONNE IN NERO E NON SOLO

7 ottobre 2014

Otto anni fa Anna Politkovskaja veniva assassinata.


Ricordiamo Anna Politkovskaja con un estratto dal suo libro 
 "Cecenia il disonore russo

Sul tavolo un orologio meccanico scandisce il suo tic-tac. È carico, conta solo le ore a venire. L'uomo, comprendendo le regole che governano l'orologio, lo carica ogni mattina, in modo che il tempo non si fermi mai. Ma l'uomo è un essere strano. Si preoccupa molto delle lancette che gli indicano l'ora, ma riflette poco sul tempo.

Nel settembre del 1999 Vladimir Putin, dopo aver "ricaricato" un po' l'orologio e aver recitato con la gente la parte dell'antiterrorista, scatena in Russia la seconda guerra cecena. È così che Putin è riuscito a mandare indietro il tempo. Ben presto, insieme alla seconda guerra cecena, si è scatenata in Russia una nuova guerra, questa volta intestina.

Oggi le nostre lancette girano solo all'indietro. La nuova guerra civile non è stata dichiarata contro un unico popolo del territorio russo, ma contro tutti. Ognuno ci mette un pò del suo. La guerra lascia la sua impronta in ogni città, ogni regione, ogni repubblica. Ha invaso tutto e tutti vi partecipano, neanche l'autrice di questo libro sfugge alla regola.

In che epoca viviamo? Cos'è questa nuova guerra? Quale ritmo imprime alla nostra società? Chi siamo noi, cittadini russi dell'inizio del ventunesimo secolo? Noi? Noi siamo pronti a scannarci per ogni parola che non ci piace. Siamo intolleranti e intransigenti. Noi?
Noi, molto semplicemente, abbiamo ricominciato a mettere in circolazione concetti gravi come quello di "nemico del popolo", e affibbiamo questa etichetta a tutti quelli che non la pensano come la maggioranza, senza alcuna distinzione. Noi? Noi abbiamo riconosciuto che una pallottola in testa è il mezzo più semplice e più naturale per risolvere qualunque conflitto, per minimo che sia.
Noi? Noi, inariditi dalla guerra, odiamo più spesso di quanto non amiamo. L'odio è la nostra preghiera. Stringiamo i pugni volentieri, ma abbiamo difficoltà a riaprire le mani. E ancora una volta, invece di respirare l'aria a pieni polmoni, ci nutriamo del sangue dei nostri compatrioti senza battere ciglio. Non è forse guerra civile, questa? 

Le Donne in Nero di Bologna a Marzabotto il 5 ottobre per il 70° anniversario dell'eccidio nazi-fascista




Le Donne in Nero di Bologna hanno partecipato alla manifestazione, molto toccante, 

del 70° anniversario delle stragi di Marzabotto, Vado di Monzuno e Grizzana. 



4 ottobre 2014

L'orrore delle lavoratrici rumene violentate nelle campagne in provincia di Ragusa. Presentata un'interrogazione parlamentare.

Un'inchiesta dell'Espresso rivela un'orribile realtà.
«Se sei abituato dalla Romania, qui non è tanto più pesante», spiega Adriana con un sorriso. Non è facile crederci ascoltando la storia di Luana, quaranta anni. I due figli l’hanno raggiunta dopo il suicidio del marito in Romania. Lavora in una serra sperduta nelle campagne di Vittoria, vive in un casolare fatiscente nei pressi. La scuola è difficile da raggiungere a piedi. Il tragitto è lungo e pericoloso per due bambini soli. Il padrone è un signore di Vittoria. Si offre generosamente: «Li accompagno io». La sua non è una richiesta disinteressata.

In piena notte la chiama. Chiede se i bambini si sono addormentati. Le dice di raggiungerlo sotto un albero. Anche il padrone vive lì, a due passi. Con la moglie e un figlio. Luana teme soprattutto le minacce dell’uomo, ha paura per i bambini. A volte si nega. Lui subito minaccia. «Non li porto più a scuola. Niente acqua da bere. Neanche a te. Qui c’è caldo e l’acqua che diamo alle serre è avvelenata. Vuoi andare al supermercato? È molto lontano».

Luana sopporta tutto. Persino quando lui perde la testa e la minaccia con la pistola. Ma quando dice che non porterà più i bambini a scuola, condannandoli all’isolamento più assoluto, pensa che può bastare. Decide di fuggire. Di notte prepara la valigia, prende i bambini per mano. Luana è stata accolta e protetta nel centro
 di accoglienza dell’associazione “Proxima”. È inserita nei programmi destinati alle vittima di tratta. Come se fosse una storia di prostituzione. Si tratta invece di lavoratrici che producono ortaggi. Quelli che tutti compriamo al supermercato. Dopo un mese ha deciso di andare via. Ora lavora nuovamente nelle serre. Sfruttamento estremo significa anche mancanza di alternative."


Di seguito il testo dell'interrogazione parlamentare.


Interrogazione a risposta orale
Al Ministro degli Interni
Alla Ministra al lavoro e politiche sociali
Alla Ministra alla salute
Per sapere, premesso che:
si apprende da fonti giornalistiche che decine di donne, principalmente di nazionalità rumena, lavoratrici agricole (spesso a nero) nelle serre, in località Vittoria, nella provincia di Ragusa sono costrette dai loro proprietari/padroni agricoltori, spesso affittuari anche dei locali fatiscenti in cui sono costrette a vivere con la propria famiglia, a subire abituali violenze sessuali dietro ricatto di licenziamento anche per i propri congiunti, e per paura di violenze maggiori nei confronti della propria persona e dei propri figli;
Vittoria fa parte dei distretti ortofrutticoli più importanti d'Italia. Il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa annullando il tempo e le stagioni. Gli ortaggi che altrove maturano a giugno qui sono pronti a gennaio. Un miracolo chimico che ha ancora bisogno di braccia; miracolo economico dell'oro verde, frutto inizialmente del lavoro dei braccianti tunisini, dal 2007 dei nuovi migranti che lavorano per metà salario. I rumeni. E soprattutto le rumene che nell'isolamento della campagna sono una presenza gradita.
Le donne rumene sono definite bread winner perché sono le prime a partire dal loro paese. I mariti, se arrivano, arrivano dopo. Intanto gli italiani diventano padroni della loro vita e della loro morte. Sono padroni in tutti i sensi;
così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale; spesso le donne sono consapevoli di quello che le aspetta in Italia, ma lo fanno per tenere unita la famiglia. Nelle serre possono vivere coi bambini. A casa di un anziano no. Meglio quindi fare la contadina che la badante. Per questo ci sono nelle serre tante mamme rumene coi bambini;
sempre da fonti giornalistiche si apprende che i "festini agricoli"diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare sono ben conosciuti dalla comunità, dalle Istituzioni locali e dalle associazioni socio-assistenziali, è stato avviato anche il progetto "Solidal Transfert", un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni;
le condizioni abitative in cui le lavoratrici agricole vivono con le proprie famiglie, spesso pagando affitti esosi, sono estremamente disagevoli: buchi nel soffitto che fanno passare l'acqua piovana, mura erose dall'umidità, proliferazione di miceti, con conseguenti patologie come l'asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario. Nella zona sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere;
Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti da anni;
Inoltre, l "Associazione Diritti Umani" denuncia che nel caso specifico di Vittoria le donne si trovano impossibilitate ad interrompere la gravidanza poiché tutti i medici sono obiettori di coscienza e che solo all'ospedale di Modica sono presenti medici non obiettori, ma la crescita esponenziale di richieste di aborto porta un allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile l'aborto entro i tre mesi previsti dalla legge. Alcune donne sono costrette a ritornare nei loro paesi d'origine per abortire. Altre, invece, si affidano a strutture abusive e a persone che, sotto cospicuo pagamento, praticano l'aborto senza averne competenze:-
Si chiede al Governo se è a conoscenza della inaccettabile condizione in cui sono costrette a vivere le immigrate rumene nel distretto siciliano sopracitato. Si chiede al Governo di intervenire immediatamente affinché non si protragga più la odiosa condizione di donne che per vivere devono divenire schiave. Si chiede al Governo di intervenire anche per quanto riguarda la presenza degli obiettori di coscienza, ogni presidio ospedaliero deve garantire la possibilità di abortire.
Ciò che sta accadendo nella provincia di Ragusa è profondamente vergognoso per il nostro paese. Deve finire.

Questo il link della fonte giornalistica 
Nicchi, Costantino, Duranti, Bordo, Palazzotto, Ricciatti, Pannarale