27 dicembre 2014

Le ragazze di Chibok


Noi non le abbiamo dimenticate



Link a RaiNews

“Boko Haram, ovvero "l'educazione occidentale è peccato". Si fanno chiamare così i jihadisti nigeriani, un gruppo di estremisti che da alcuni anni cerca di instaurare uno Stato dove vige la sharia, un'interpretazione molto stretta della legge islamica. Sono loro ad aver rapito le oltre 200 ragazze di Chibok, tuttora scomparse. E sono sempre loro che, quasi ogni giorno, firmano un attentato nel nord della Nigeria: piazze, mercati, stazioni degli autobus diventano così cimiteri all'aria aperta, con decine di morti per le bombe o per i kamikaze.“

29 ottobre 2014

Il 1° novembre PRESIDIO di solidarietà alle donne Kurde


Aderiamo all'APPELLO URGENTE per
Manifestazione globale contro ISIS
 per Kobanê – per l’Umanità!

1 novembre ore 15,30 presidio

 in piazza Ravegnana
Bologna





SOLIDARIETA' E SORELLANZA CON LE DONNE KURDE CHE LOTTANO DA ANNI PER LA PROPRIA LIBERTA' E AUTODETERMINAZIONE E PER LA LIBERTA' DEL PROPRIO POPOLO


Dilar Dirik attivista della causa curda e ricercatrice a Cambridge
“L’ISIS è forza d’impatto della modernità capitalista, e le donne curde costruiscono la modernità democratica
“Kobane potrebbe modificare il corso della storia. È una battaglia cruciale che va oltre l’Isis. L’intero sistema del Rojava offre una prospettiva nuova alla popolazione e lo fa proprio nel mezzo di un conflitto orribile, che sta costando troppe vite”.
“Le donne curde che hanno preso le armi, simboli tradizionali del potere maschile – continua l’attivista – sfidano l’ideologia dell’Isis. Non rappresentano una minaccia per la loro capacità bellica, ma per il potere trasformativo del loro progetto di emancipazione politica e sociale. Vogliono cambiare la società e vogliono essere incluse. Queste donne lottano per la propria esistenza e per il proprio futuro, e la loro lotta è una sfida all’ordine sociale e alla mentalità patriarcale. Per questa va sostenuta seriamente, è più efficace dei bombardamenti Usa contro l’Isis”.

DONNE IN NERO E NON SOLO

7 ottobre 2014

Otto anni fa Anna Politkovskaja veniva assassinata.


Ricordiamo Anna Politkovskaja con un estratto dal suo libro 
 "Cecenia il disonore russo

Sul tavolo un orologio meccanico scandisce il suo tic-tac. È carico, conta solo le ore a venire. L'uomo, comprendendo le regole che governano l'orologio, lo carica ogni mattina, in modo che il tempo non si fermi mai. Ma l'uomo è un essere strano. Si preoccupa molto delle lancette che gli indicano l'ora, ma riflette poco sul tempo.

Nel settembre del 1999 Vladimir Putin, dopo aver "ricaricato" un po' l'orologio e aver recitato con la gente la parte dell'antiterrorista, scatena in Russia la seconda guerra cecena. È così che Putin è riuscito a mandare indietro il tempo. Ben presto, insieme alla seconda guerra cecena, si è scatenata in Russia una nuova guerra, questa volta intestina.

Oggi le nostre lancette girano solo all'indietro. La nuova guerra civile non è stata dichiarata contro un unico popolo del territorio russo, ma contro tutti. Ognuno ci mette un pò del suo. La guerra lascia la sua impronta in ogni città, ogni regione, ogni repubblica. Ha invaso tutto e tutti vi partecipano, neanche l'autrice di questo libro sfugge alla regola.

In che epoca viviamo? Cos'è questa nuova guerra? Quale ritmo imprime alla nostra società? Chi siamo noi, cittadini russi dell'inizio del ventunesimo secolo? Noi? Noi siamo pronti a scannarci per ogni parola che non ci piace. Siamo intolleranti e intransigenti. Noi?
Noi, molto semplicemente, abbiamo ricominciato a mettere in circolazione concetti gravi come quello di "nemico del popolo", e affibbiamo questa etichetta a tutti quelli che non la pensano come la maggioranza, senza alcuna distinzione. Noi? Noi abbiamo riconosciuto che una pallottola in testa è il mezzo più semplice e più naturale per risolvere qualunque conflitto, per minimo che sia.
Noi? Noi, inariditi dalla guerra, odiamo più spesso di quanto non amiamo. L'odio è la nostra preghiera. Stringiamo i pugni volentieri, ma abbiamo difficoltà a riaprire le mani. E ancora una volta, invece di respirare l'aria a pieni polmoni, ci nutriamo del sangue dei nostri compatrioti senza battere ciglio. Non è forse guerra civile, questa? 

Le Donne in Nero di Bologna a Marzabotto il 5 ottobre per il 70° anniversario dell'eccidio nazi-fascista




Le Donne in Nero di Bologna hanno partecipato alla manifestazione, molto toccante, 

del 70° anniversario delle stragi di Marzabotto, Vado di Monzuno e Grizzana. 



4 ottobre 2014

L'orrore delle lavoratrici rumene violentate nelle campagne in provincia di Ragusa. Presentata un'interrogazione parlamentare.

Un'inchiesta dell'Espresso rivela un'orribile realtà.
«Se sei abituato dalla Romania, qui non è tanto più pesante», spiega Adriana con un sorriso. Non è facile crederci ascoltando la storia di Luana, quaranta anni. I due figli l’hanno raggiunta dopo il suicidio del marito in Romania. Lavora in una serra sperduta nelle campagne di Vittoria, vive in un casolare fatiscente nei pressi. La scuola è difficile da raggiungere a piedi. Il tragitto è lungo e pericoloso per due bambini soli. Il padrone è un signore di Vittoria. Si offre generosamente: «Li accompagno io». La sua non è una richiesta disinteressata.

In piena notte la chiama. Chiede se i bambini si sono addormentati. Le dice di raggiungerlo sotto un albero. Anche il padrone vive lì, a due passi. Con la moglie e un figlio. Luana teme soprattutto le minacce dell’uomo, ha paura per i bambini. A volte si nega. Lui subito minaccia. «Non li porto più a scuola. Niente acqua da bere. Neanche a te. Qui c’è caldo e l’acqua che diamo alle serre è avvelenata. Vuoi andare al supermercato? È molto lontano».

Luana sopporta tutto. Persino quando lui perde la testa e la minaccia con la pistola. Ma quando dice che non porterà più i bambini a scuola, condannandoli all’isolamento più assoluto, pensa che può bastare. Decide di fuggire. Di notte prepara la valigia, prende i bambini per mano. Luana è stata accolta e protetta nel centro
 di accoglienza dell’associazione “Proxima”. È inserita nei programmi destinati alle vittima di tratta. Come se fosse una storia di prostituzione. Si tratta invece di lavoratrici che producono ortaggi. Quelli che tutti compriamo al supermercato. Dopo un mese ha deciso di andare via. Ora lavora nuovamente nelle serre. Sfruttamento estremo significa anche mancanza di alternative."


Di seguito il testo dell'interrogazione parlamentare.


Interrogazione a risposta orale
Al Ministro degli Interni
Alla Ministra al lavoro e politiche sociali
Alla Ministra alla salute
Per sapere, premesso che:
si apprende da fonti giornalistiche che decine di donne, principalmente di nazionalità rumena, lavoratrici agricole (spesso a nero) nelle serre, in località Vittoria, nella provincia di Ragusa sono costrette dai loro proprietari/padroni agricoltori, spesso affittuari anche dei locali fatiscenti in cui sono costrette a vivere con la propria famiglia, a subire abituali violenze sessuali dietro ricatto di licenziamento anche per i propri congiunti, e per paura di violenze maggiori nei confronti della propria persona e dei propri figli;
Vittoria fa parte dei distretti ortofrutticoli più importanti d'Italia. Il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa annullando il tempo e le stagioni. Gli ortaggi che altrove maturano a giugno qui sono pronti a gennaio. Un miracolo chimico che ha ancora bisogno di braccia; miracolo economico dell'oro verde, frutto inizialmente del lavoro dei braccianti tunisini, dal 2007 dei nuovi migranti che lavorano per metà salario. I rumeni. E soprattutto le rumene che nell'isolamento della campagna sono una presenza gradita.
Le donne rumene sono definite bread winner perché sono le prime a partire dal loro paese. I mariti, se arrivano, arrivano dopo. Intanto gli italiani diventano padroni della loro vita e della loro morte. Sono padroni in tutti i sensi;
così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale; spesso le donne sono consapevoli di quello che le aspetta in Italia, ma lo fanno per tenere unita la famiglia. Nelle serre possono vivere coi bambini. A casa di un anziano no. Meglio quindi fare la contadina che la badante. Per questo ci sono nelle serre tante mamme rumene coi bambini;
sempre da fonti giornalistiche si apprende che i "festini agricoli"diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare sono ben conosciuti dalla comunità, dalle Istituzioni locali e dalle associazioni socio-assistenziali, è stato avviato anche il progetto "Solidal Transfert", un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni;
le condizioni abitative in cui le lavoratrici agricole vivono con le proprie famiglie, spesso pagando affitti esosi, sono estremamente disagevoli: buchi nel soffitto che fanno passare l'acqua piovana, mura erose dall'umidità, proliferazione di miceti, con conseguenti patologie come l'asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario. Nella zona sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere;
Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti da anni;
Inoltre, l "Associazione Diritti Umani" denuncia che nel caso specifico di Vittoria le donne si trovano impossibilitate ad interrompere la gravidanza poiché tutti i medici sono obiettori di coscienza e che solo all'ospedale di Modica sono presenti medici non obiettori, ma la crescita esponenziale di richieste di aborto porta un allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile l'aborto entro i tre mesi previsti dalla legge. Alcune donne sono costrette a ritornare nei loro paesi d'origine per abortire. Altre, invece, si affidano a strutture abusive e a persone che, sotto cospicuo pagamento, praticano l'aborto senza averne competenze:-
Si chiede al Governo se è a conoscenza della inaccettabile condizione in cui sono costrette a vivere le immigrate rumene nel distretto siciliano sopracitato. Si chiede al Governo di intervenire immediatamente affinché non si protragga più la odiosa condizione di donne che per vivere devono divenire schiave. Si chiede al Governo di intervenire anche per quanto riguarda la presenza degli obiettori di coscienza, ogni presidio ospedaliero deve garantire la possibilità di abortire.
Ciò che sta accadendo nella provincia di Ragusa è profondamente vergognoso per il nostro paese. Deve finire.

Questo il link della fonte giornalistica 
Nicchi, Costantino, Duranti, Bordo, Palazzotto, Ricciatti, Pannarale

23 settembre 2014

Le donne dicono NO ALLA NATO - Documento DIN Bologna


 INCONTRIAMOCI 
Mercoledì 1 ottobre alle ore 18,00
Palazzina di via del Piombo,5
   Centro di documentazione delle donne.


Care tutte,
La NATO ha tenuto il proprio Summit biennale a Newport in Galles il 3/4 settembre scorsi, contro
cui le Donne in Nero riunite nel maggio scorso a Lovanio per un incontro europeo, avevano già
deciso di manifestare la propria opposizione in concomitanza con le stesse date.
Come Donne in Nero che da anni ci occupiamo di conflitti armati e guerre a partire dalla relazione con le donne dei luoghi dei conflitti, da tempo insieme a loro abbiamo individuato nella NATO una vocazione militare sempre più accentuata, passando da una strategia di difesa ad una di interventi  militari in un'area sempre più ampia.
Giova ricordare che la NATO ha origine nel Trattato Atlantico del 1949 e che era nata come alleanza contro i paesi del blocco sovietico. L'URSS è crollata nel 1990, di conseguenza è venuto meno il Patto di Varsavia mentre la NATO “anacronisticamente” è ancora qui e continua ad espandersi.
Oggi, infatti con i suoi 28 stati membri effettivi  (USA, CANADA e STATI EUROPEI) adotta una strategia tesa ad allargare ancora le proprie fila con sempre nuovi paesi anche non europei attraverso:
Dialogo del Mediterraneo  (7 stati compreso Israele)
Iniziativa di Istambul (4 e fra poco 6 stati del MO)
Partenariato per la pace (22 membri in tutto il mondo anche Est Europa)
Creazione di un “pivot” verso l'Asia (in una prospettiva futura di competizione militare ed economica con la Cina ).
La politica attuale della NATO è incarnata nel suo documento del Concetto Strategico che ha avuto più versioni (1991/1999/2010)  improntato a rendere la NATO più orientata alle spedizioni o pronta alla guerra, in grado di entrare in azione all'interno dell'Europa o molto lontano.
 Il cambiamento del modello di difesa italiano ha portato al passaggio da un esercito popolare a uno di volontari con ispirazione comune a quella della NATO.
“Tutela degli interessi nazionali nell'accezione più vasta di tale termine, ovunque sia necessario” (1991-Governo Andreotti)  coincide con lo spirito del Concetto Strategico anzi ne è ispirato.
Ne è derivata la partecipazione economica e militare a tutte le avventure di guerra volute dalla NATO.
 Nelle linee guida inviate dalla Ministra della Difesa Pinotti oggi si dice  “per la salvaguardia degli interessi vitali il paese è pronto a fare ricorso a tutte le energie disponibili e ad ogni mezzo necessario compreso l'uso della forza o la minaccia del suo impiego” “lo strumento militare rappresenta per il paese una assicurazione e una garanzia per il suo stesso sviluppo”. Un invito a rafforzare l'industria bellica? Tutto questo mentre anche gli USA sono costretti a riconoscere la insicurezza tecnologica degli F35 che ad occhi chiusi avremmo dovuto comprare come indispensabili per la nostra difesa (vedi dichiarazioni di Mauro e Pinotti del 2013). E oggi l'ineffabile ministra propone che sia la NATO a presidiare il Mediterraneo, definendo Newport l'appuntamento più importante dopo la caduta del Muro di Berlino.

Qual è il senso del rilancio dell'espansione della NATO e della strategia militare in Europa?

L'Europa è così effettivamente minacciata militarmente  da altri paesi tanto da giustificare spese militari crescenti  in una situazione di gravissima crisi economica e sociale per cittadine e cittadini?
L'Italia spende 70 milioni al giorno e si è impegnata proprio a Newport a portare le spese al 2% del PIL come dovranno fare tutti gli stati membri.

Quali i pericoli che questo progetto di rafforzamento offensivo discusso nel Summit di Newport (Galles) rappresenta, non solo per un futuro di relazioni pacifiche fra i popoli, ma anche rispetto ad una autonomia economica e politica non solo dell'Europa?
Non a caso sono in corso accordi “segreti” fra governi su un trattato Ttip ( partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) che dovrebbero essere invece tema di discussione pubblica.
Perché rafforzare una NATO che spreca risorse per guerre illegali e pretestuose nelle motivazioni, con risultati disastrosi di morte e distruzione sotto gli occhi di tutte/i, causando il perdurare di conflitti interni che si trascinano per decenni a seguito dello sgretolamento nel tessuto sociale e la divisione che la guerra stessa genera, spesso di proposito?

Perché le donne dovrebbero protestare contro la NATO?
·       Nel nostro paese le spese militari come paese membro della NATO e non solo, sono sempre crescenti a fronte di una grave riduzione delle spese per i beni e i servizi primari necessari, incidendo anzitutto sulla vita delle donne . In un paese di catastrofi, terremoti e allagamenti come l’Italia si continua con un crescendo di militarizzazione invece di investire sulla sicurezza ambientale,il
nostro Presidente del consiglio propone "più spese per la Difesa se l'Europa mi fa sforare il patto di
stabilità"!!!!!!!!!!! 
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·       Con le basi e le presenze militari aumentano lo sfruttamento sessuale e la violenza contro le donne. Ad esempio le guerre nei Balcani hanno prodotto una enorme industria del sesso e traffico di donne. 
·       Le donne soffrono di più per gli effetti della guerra,i loro corpi sono ormai sistematicamente considerati bottino di guerra e campo di battaglia. Sono loro la maggioranza delle vittime civili, le rifugiate e le sfollate che soffrono lutti inenarrabili. Migliaia sono prive di mezzi di sopravvivenza come in Afghanistan, in Iraq, in Siria, Palestina, Congo, Sud Sudan e altri luoghi,
·       Il linguaggio delle “alleanze” e dei “blocchi” esprime una logica patriarcale orientata alla guerra.
·       Le installazioni militari della NATO nei nostri paesi danneggiano la vita quotidiana, l'ambiente e la nostra sicurezza.
·       la pressione della NATO sull'Unione Europea sta mascolinizzando e militarizzando le nostre società
·       la Nato sfrutta e usa a scopi militari la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”
Le donne non sono solo vittime, ma possono avere e hanno un ruolo chiave nella prevenzione dei conflitti, nella riconciliazione e nella costruzione della pace, sono comunque potenziali non ancora valorizzati, lo abbiamo visto nelle trattative fallite nella guerra in Siria dove le donne non sono state ammesse. Non riconosciamo alla NATO alcun ruolo per la nostra sicurezza. La vera sicurezza deriva da negoziati pacifici e dalla composizione nonviolenta dei conflitti.
Sarebbe utile  incontrarci e discutere di questi temi e rintracciare non solo le responsabilità maschili rispetto a un mancato coinvolgimento delle donne sulle questioni militari ma anche la lontananza delle elaborazioni femministe dai temi della guerra che pure avevano generato l'assunto carico di significato “FUORI LA GUERRA DALLA STORIA” mai abbandonato.
Avevamo immaginato di poter avviare non solo un dialogo su questi temi ma anche forme di attivismo in concomitanza del Summit, come  uscite pubbliche in nero e in silenzio con striscioni e volantini chiedendo alle altre donne, singole e associazioni, di unirsi a noi. I drammatici eventi in Palestina in particolare, durante questi mesi ci hanno dissuaso dal focalizzarci sul NO alla NATO. E' venuto il momento di riprendere il discorso soprattutto di fronte ad un panorama internazionale disseminato di aree di conflitto, violenze inenarrabili ed esodi massicci."E' urgente riattivarci di fronte alle prospettive di riarmo della NATO e del nostro e di altri governi che aprono sempre  maggiori prospettive di guerra". NON IN NOSTRO NOME!
Aspettiamo vostre osservazioni e proposte.

DONNE IN NERO Bologna