15 dicembre 2012

Lettera aperta del Sindaco di Lampedusa: Quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?


15.11.2012




Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa.
Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?
Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.
Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra. Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa motivo di vergogna e disonore. 
In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.

Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umane a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza.


Giusi Nicolini

23 novembre 2012

25 novembre in piazza Nettuno per la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne



25 novembre giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne


 Saremo in piazza Nettuno dalle 17.30 alle 20


La giornata viene istituita nel 1999, su proposta delle femministe latino-americane e dei Caraibi, per ricordare le sorelle Mirabal, donne coraggiose impegnatesi nella lotta di liberazione del loro paese, la Repubblica Domenicana, e per questo torturate e uccise dal regime di Trujillo,  il 25 novembre del 1960.

Ci riguarda tutte la violenza maschile sulle donne.

Ci riguarda tutte perché non vogliamo essere complici e mute di fronte al perpetuarsi di una violenza che si fa simbolo di virilità.

Ci riguarda tutte dichiarare e sostenere la "inviolabilità dei nostri corpi".

Ci riguarda tutte e saremo sempre a fianco delle donne che denunciano, che si ribellano e che si sottraggono alla violenza.

CI RIGUARDA TUTTE e per questo saremo in piazza, luogo pubblico per eccellenza, a dichiararlo, a ribadire la nostra autodeterminazione, la nostra libertà, contro ogni forma di violenza che le voglia negare!


Vogliamo per ogni donna una vita libera dalla violenza. Invitiamo le donne alla denuncia ed alla solidarietà fra loro come forme di autodifesa!

Tutte in piazza

Unite contro la violenza maschile sulle donne - Bologna


16 novembre 2012

Lunedì 19 novembre PRESIDIO IN SOLIDARIETA' ALLA DONNA STUPRATA ALL'AQUILA DA UN MILITARE


In occasione della seconda udienza all'Aquila del processo al giovane militare che ha stuprato una ragazza lasciandola in fin di vita con lesioni gravissime e permanenti davanti ad una discoteca, abbiamo deciso come attiviste femministe e lesbiche "UNITE CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE" di indire un "presidio" in piazza Ravegnana dalle 18.
Anche il centro antiviolenza dell'Aquila e altre associazioni della città oltre che di Roma e dintorni saranno davanti al tribunale in presidio.
Ci appelliamo alla RESPONSABILITÀ' INDIVIDUALE di tutte chiedendovi di fare in modo di essere tante le presenti a questo evento come tante sono le associazioni e gruppi che hanno partecipato alla discussione nelle tre riunioni finora fatte presso Atlantide e presso la Palazzina del Centro di Documentazione delle Donne in via del Piombo,5,
VI ASPETTIAMO

 Lunedì 19 novembre 2012 dalle ore 18 in piazza Ravegnana

CI RIGUARDA TUTTE
PRESIDIO IN SOLIDARIETA' ALLA DONNA STUPRATA ALL'AQUILA DA UN MILITARE IN SERVIZIO

Saremo in piazza perché il 12 febbraio scorso, in una discoteca di Pizzoli (L'Aquila), una giovane donna di 20 anni è stata stuprata in modo efferato e ridotta in fin di 
vita, con lesioni gravi e permanenti. 
La donna ha coraggiosamente denunciato Francesco Tuccia,  militare in servizio all'Aquila per l'operazione “Strade Sicure”, partita dopo il terremoto, che ora è accusato di aggressione e tentato omicidio. 
Il 19 novembre si svolgerà la seconda udienza del processo e come per la prima 
ci sarà davanti al tribunale un presidio femminista a sostegno di questa.
Anche a Bologna e in altre città si svolgeranno presidi di solidarietà e sostegno perché LA VIOLENZA MASCHILE CI RIGUARDA TUTTE:in questo caso esaltata dalla divisa militare, è stata perpetrata in un territorio in cui è stato messo in atto un vero e proprio esperimento di disgregazione  sociale, disperdendo le comunità in 
piccoli insediamenti (le “new town”) e militarizzando il territorio. Quindi si tratta di 
una violenza maschile e istituzionale.
CI RIGUARDA TUTTE  perché non vogliamo essere complici e mute di fronte al 
 perpetuarsi di una violenza maschile  che  si fa simbolo di virilità.
CI RIGUARDA TUTTE dichiarare e sostenere la “inviolabilità dei nostri corpi” 

CI RIGUARDA TUTTE e per questo saremo in piazza, luogo pubblico per eccellenza, 
a dichiararlo, a ribadire la nostra autodeterminazione, la nostra libertà, contro ogni 
forma di violenza che le voglia negare!
Saremo in piazza per sostenere una donna ma la nostra solidarietà diventa in questo modo anche autodifesa


SIAMO E SAREMO DAVANTI AD OGNI TRIBUNALE DOVE SI SVOLGONO PROCESSI 
CONTRO UOMINI CHE AGISCONO QUALUNQUE TIPO DI VIOLENZA SULLE DONNE.

UNITE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE – Bologna

23 ottobre 2012

Francoise Daoud il 25 ottobre al Centro di documentazione delle Donne a Bologna


Francoise Daoud sarà in Italia dal 22 al 28 ottobre, avrà impegni a Bologna nel quadro della rassegna "Segnali di Pace" promossa dalla Provincia di Bologna ( il 25 sarà relatrice nel Workshop Internazionale "Genere ed Economia Solidale"al Centro di documentazione dalle 16 alle 20), avrà inoltre incontri con rappresentanti delle istituzioni e con i media.

Francoise Daoud è docente  di infermieristica e ginecologia alla Betlehem University  , è presidente della Palestinian Working Women Society for Development, una organizzazione femminista che pone al centro l'empowering delle donne e la crescita della loro partecipazione alla vita pubblica e più in generale i diritti delle donne fra cui quelli sessuali e riproduttivi ma resta consapevole di muoversi in un quadro di occupazione militare in cui presupposto indispensabile è la lotta per libertà e giustizia per il popolo palestinese, per il rispetto dei diritti umani, contro la sopraffazione e l'oppressione israeliana e la violenza della colonizzazione dei territori occupati.
E' quindi importante che la sua voce giunga il più possibile diffusamente nel nostro paese dove già si lotta da tempo per i diritti palestinesi e c'è un diffuso interesse nei confronti della zona del mondo dove convivono israeliani e palestinesi in una situazione di asimmetria assoluta che va svelata sempre e comunque mettendo nel contempo in evidenza anche come le donne vivono in quella realtà, con un'ottica di genere che può dare una visione diversa e più completa della realtà.
Questa iniziativa viene da lontano, dal 1987 quando sono nate le Donne in Nero in Israele che in poche, vestite di nero si recavano in Paris Square ogni venerdì a manifestare contro l'occupazione dei territori palestinesi.
Stop Occupation era scritto sulle loro "manine" e striscioni, erano poche e venivano schernite, subivano minacce, sputi erano indicate come traditrici della patria di Israele ma continuavano e crebbero sempre, anche in altri luoghi del mondo come in Italia dove da allora non abbiamo mai smesso di occuparci di questo conflitto caratterizzato da una forte e determinante asimmetria. 
Abbiamo sempre mantenuto relazioni con le donne Palestinesi e le abbiamo sostenute nelle loro lotte contro l'occupazione, per la libertà e per i diritti delle donne con a fianco le israeliane seppure con le difficoltà logistiche date dall'occupazione e il posizionamento su due sponde così diverse che pure scelgono la stessa collocazione, quella della pace, dei diritti umani per tutte/i, della libertà, dell'autonomia palestinese.

27 agosto 2012

Alla vigilia del ritiro delle truppe occidentali sono i taleban a dettare legge: 17 decapitati, ascoltavano musica.

Articolo di Giuliana Sgrena su Globalist

Giuliana Sgrena
lunedì 27 agosto 2012 20:02


Quindici uomini e due donne decapitati a Kajaki nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan, roccaforte dei taleban. I diciassette dipendenti dell'amministrazione locale sarebbero stati assassinati perché stavano ascoltando musica e non rispettavano l'apartheid sessuale, uno dei dogmi dei taleban. Ma anche la musica è vietata: ai tempi dei taleban i guardiani della virtù e della prevenzione del vizio fermavano tutte le macchine e controllavano se c'erano nastri di musica sulla vettura che venivano sequestrati e poi srotolati e lasciati svolazzare sui pali della luce a Kabul. Anche le pellicole dei film erano state distrutte.
Nella stessa provincia di Helmand sono stati uccisi dieci soldati afghani, mentre due soldati Usa sono le vittime di quello scontro che viene definito green-on-blue, dal colore delle divise. Sono infatti sempre più numerosi i casi di "fuoco amico", i soldati afghani addestrati dalle forze occupanti che rivoltano le loro armi contro i loro trainer.
Scene di massacri purtroppo noti in Afghanistan, a sorprendere è il fatto che tutto questo avviene dopo undici anni di intervento militare occidentale e alla vigilia del ritiro delle truppe americane. A che cosa è servito l'intervento? Si pensava che almeno fosse servito a cacciare i taleban dal potere, ma non è così. Gli americani hanno cercato un negoziato con i seguaci di mullah Omar ma il contatto è stato interrotto dai taleban. Perché dovrebbero trattare se hanno la possibilità di tornare al potere senza dover rispettare delle condizioni? E anche se c'è chi ha voluto accreditare la distinzione tra taleban buoni e taleban cattivi, questa divisione non sembra suffragata dagli attacchi quotidiani sul territorio.
La musica continua ad essere vietata, così come la promiscuità e c'è da immaginare che anche le ragazze non potranno più andare a scuola, visti i numerosi casi di avvelenamento nelle scuole frequentate da ragazze. Sembra che non si dovrà attendere la partenza delle truppe occidentali per vedere tornare in vigore la legge dei taleban. 

1 agosto 2012

Intervista a Malalai Joia: IL PARLAMENTO AFGHANO E' UN TEATRO

Dal sito Osservatorio Afghanistan


Malalai Joya è un’attivista afghana, scrittrice e dichiarata oppositrice e critica dei signori della guerra afghani, del governo Karzai e del ruolo che gli Stati Uniti svolgono nel suo paese. Nel 2003 Joya divenne famosa per aver rilasciato pubbliche dichiarazioni, in quanto delegata eletta alla Loya Jirga Costituzionale, contro il dominio dei signori della guerra. Nel settembre del 2005, dopo essere arrivata seconda nella classifica dei candidati più votati nella sua provincia di Farah, divenne membro del parlamento (Wolesi Jirga).
Tuttavia, il 21 maggio del 2007, fu sospesa dalla carica per aver continuamente accusato i signori della guerra e della droga di aver distrutto il paese. Per proteggersi, Joya indossa un burqua. E’ sopravvissuta a sei tentativi di assassinio e si sposta continuamente da una dimora all’altra.
Nel 2010 la rivista Time l’ha elencata fra le 100 persone più influenti al mondo, la rivista Foreign Policy fra i suoi massimi pensatori globali (Top Global Thinkers) e la BBC l’ha definita “la donna più coraggiosa dell’Afghanistan”.
Joya è nata nel 1978. E’ sposata e non ha figli. In una delle case sicure in cui vive a Kabul, è stato possibile intervistarla su temi che riguardano la sicurezza, lo sviluppo parlamentare e i diritti delle donne in Afghanistan.
Domanda: Come ha fatto a entrare in politica in un paese così devastato come l’Afghanistan?
M.Joya: Appartengo ad una famiglia di classe media della provincia di Farah. Per via della poca sicurezza in cui versava il paese, la mia famiglia si trasferì prima in Iran e poi in Pakistan. Vivevamo come rifugiati. A causa di diversi problemi finanziari, studiai a Peshawar fino al 12° grado. Nel 1998 tornammo nella provincia di Herat, nell’Afghanistan meridionale, dove cominciai ad insegnare. In quel periodo fare l’insegnante era molto pericoloso poiché i Talebani vietavano categoricamente la scolarizzazione alle bambine dopo gli 8 anni. Chi non rispettava questa regola era soggetta a punizioni molto severe. Ho ancora ricordi terrificanti di quel periodo dominato dai Talebani. Oltre ad insegnare in una scuola clandestina, ero anche molto attiva nell’ambito sociale e questo mi aiutò ad essere eletta nel 2005 come membro del parlamento per la provincia di Farah.
Domanda: Perché la sua carica di parlamentare è stata sospesa?
M.Joya: Mi sono presentata alle elezioni perché volevo evidenziare le sofferenze degli Afghani e lottare per loro. Chi ha sofferto maggiormente durante la guerra civile e il dominio talebano sono stati i bambini e le donne. Tuttavia, riscontrai subito che il parlamento era un teatro e non un’istituzione democratica. Mi resi conto fin dal primo giorno che si trattava di un luogo di incontro dei peggiori nemici del popolo afghano. La maggioranza dei membri del parlamento sono signori della guerra e della droga e profanatori dei diritti umani. Questo parlamento non ha portato nulla di positivo alla popolazione afghana in tutti questi anni e non farà nulla nemmeno in futuro.
Nel maggio del 2007 la mia carica venne sospesa perché avevo criticato i signori della guerra e della droga che sedevano in parlamento e contribuivano solo alla distruzione del mio paese, uccidendo migliaia di persone innocenti. Sono stata attaccata fisicamente e verbalmente dai membri del parlamento.
Domanda: Com’è cambiato l’Afghanistan dopo la caduta dei Talebani?
M.Joya: La situazione attuale dell’Afghanistan è disastrosa e peggiora in continuazione. Gli USA e i loro alleati hanno occupato l’Afghanistan poco dopo l’11 settembre 2001 col pretesto di portare pace, democrazia e diritti alle donne. Tuttavia, ciò che fecero fu semplicemente sostituire i Talebani con i brutali Mujaheddin, uniti all’Alleanza del Nord, che apparentemente sembravano diversi ma avevano la stessa mentalità talebana. Quando furono al potere, prima del dominio talebano, solo a Kabul uccisero più di 65.000 persone innocenti.
Gli USA hanno distrutto l’Afghanistan per vendicarsi dell’invasione sovietica. Attualmente, l’Afghanistan non è solo un paradiso protetto per i terroristi, ma anche uno stato mafioso ai primi posti nell’elenco dei paesi più instabili e corrotti del mondo. L’Afghanistan produce il 93% dell’oppio mondiale e anche alcuni ministri sono coinvolti in questo sporco affare.
Domanda: Qual è la condizione delle donne afghane oggi?
M.Joya: E’ terribile come lo era una volta. Solo in alcune grandi città le donne e le ragazze hanno accesso al lavoro e all’educazione, ma nella maggior parte delle province la vita delle donne è un inferno. Nelle zone rurali, molte donne non vivono nemmeno come esseri umani. Matrimoni forzati, spose bambine e violenze domestiche sono all’ordine del giorno.
Domanda: Come vede l’Afghanistan dopo il ritiro delle truppe USA e Nato nel 2014?
M.Joya: La mia opinione è che Al-Qaeda, i Talebani, i Mujaheddin, i signori della guerra e della droga siano il prodotto della guerra fredda della Casa Bianca. L’annuncio del ritiro delle truppe dall’Afghanistan è solo uno stratagemma politico dell’amministrazione Obama per ingannare il popolo americano allo scopo di vincere le prossime elezioni. Nessuna nazione può liberare un’altra nazione. Da una parte, gli USA parlano di ritirare le truppe, ma dall’altra sono molto impegnati a firmare nuovi accordi strategici e ad aumentare le basi militari nel nostro paese. Gli USA non ritireranno le truppe come promesso; hanno troppi interessi strategici e geo-politici in questa regione. Purtroppo, tutti i paesi confinanti con l’Afghanistan, inclusi Pakistan, Iran, Russa e Cina, sono nemici degli USA e vogliono a loro volta impossessarsi delle risorse naturali e minerarie del paese.
Tuttavia, il livello di coscienza politica della nostra gente è aumentato e gli Afghani non accetteranno più la dominazione di invasori stranieri o di forze criminali locali. Questo mi dà la speranza di un futuro migliore.
Domanda: Cosa pensa delle negoziazioni di pace in corso con i Talebani?
M.Joya: Tutti i leader talebani sono presenti in Afghanistan. Mullah Abdul Salam Zaeef, Mullah Wakil Ahmed Mutawakkil e Mullah Rahmatullah Hashmi si muovono liberamente per Kabul. Il popolo afghano vuole metterli in gabbia, ma il governo Karzai li sta adulando chiamandoli “fratelli” e “Talebani moderati”, deludendo e ingannando così la nostra gente.
Domanda: Qual è la sua opinione in merito alle elezioni presidenziali previste per il 2014?
Parlare di elezioni in uno dei paesi più corrotti, mafiosi e invasi da forze straniere qual è l’Afghanistan, è semplicemente ridicolo. Il parlamento afghano è solo il portavoce delle forze imperialiste. La popolazione afghana non ha nessun interesse in elezioni in cui si candidano elementi simili. Questo è il motivo per cui milioni di afghani non vanno a votare, motivazione avvalorata anche dalle organizzazioni indipendenti internazionali che hanno monitorato le elezioni. La gente è perfettamente cosciente che non c’è nessuna differenza fra Hamid Karzai e Abdullah Abdullah.
Domanda: Che precauzioni ha preso dopo essere stata minacciata di morte?
M.Joya: Dopo essere stata espulsa dal parlamento, la vita è diventata molto difficile per me in Afghanistan. Non ero più libera di muovermi e incontrare persone in vari luoghi del paese, così ho cercato di convogliare i miei sforzi ad un livello internazionale. Cambio spesso luogo e non posso avere un ufficio. Per spostarmi indosso sempre il burqua e viaggio con guardie del corpo private. Non partecipo ad incontri pubblici. Tuttavia, non mi sento ancora sicura. Le spese per le guardie del corpo vengono sostenute grazie ai contributi che ricevo dai miei supporter locali e internazionali e dai gruppi e dalle associazioni di sinistra e contro la guerra.

17 maggio 2012

26 aprile 2012

Lettera al Sindaco di Bologna Merola in merito al processo per stupro di Montalto di Castro

Al Sindaco di Bologna Virginio Merola
Alla Presidente del Consiglio Comunale Simona Lembi Alla Presidente della Commissione delle Elette Raffaella Ferri

 Gentile Sindaco come lei forse sa già,  e' avviato dal 13 aprile il processo per lo stupro di gruppo messo in atto da ben 8 uomini allora minorenni contro una ragazza di 15 anni, a Montalto di Castro, dopo ben  cinque anni dai fatti. Tante associazioni e tante donne si sono attivate nel paese per azioni di solidarieta' e sensibilizzazione e per esprimere vicinanza a M. e alla sua famiglia  che da anni vivono  un clima  di insopportabile  intimidazione in un luogo come Montalto che ha immediatamente solidarizzato in gran parte con gli stupratori, a partire dal Sindaco Salvatore Carai, arrivato al punto di stanziare ben 40.000 € (denaro pubblico) per pagare loro le spese processuali. La cosa aveva sollevato indignazione a livello nazionale e pertanto era rientrata. Dopo cinque lunghi anni dallo stupro di gruppo subito nella pineta di Montalto di Castro, dopo una lunga serie di rinvii, finalmente gli otto giovani uomini sono saliti sul banco degli imputati. Venerdì 13, alle ore 9,30 presso  il Tribunale dei minori di Roma, nonostante i timori di un ennesimo rinvio, si è svolta la prima vera udienza del processo a loro carico. A suo tempo era stata inviata una lettera al presidente dell'ANCI Chiamparino su indicazione delle donne riunite nell’Assemblea Cittadina di donne, femministe e lesbiche di Bologna, che stigmatizzava il comportamento allucinante del Sindaco e chiedeva che fossero stabilite sanzioni nei suoi confronti e presi provvedimenti dedicando allo stesso tempo impegno al contrasto alla violenza sulle donne. Invece non solo Chiamparino non ha risposto mai alla lettera ma il sindaco, tuttora in carica ma non riproposto nelle elezioni di maggio, è stato eletto anche consigliere nella Provincia di Viterbo. Sarebbe per noi tutte importante che su Palazzo D'accursio, per tutta la durata del processo, si potesse esporre uno striscione che esprima la vicinanza a M., non solo delle associazioni bolognesi firmatarie ma della città tutta con le sue istituzioni. Questo a parziale risarcimento per la noncuranza dimostrata dalle istituzioni nei confronti di una tremenda violenza perpetrata da un gruppo di ragazzi su una ragazza che ha dovuto allontanarsi dalla città come se fosse la responsabile del fatto e non la vittima, per il clima accusatorio e di isolamento che la circondava.



UDI Bologna, Casa delle Donne per non subire violenza, Donne in Nero,Associazione Orlando,Tavola delle donne,SOS Donna, Armonie, Unite Diverse e Libere,  Mujeres Libres, Fuoricampo, Rosa Rosae.
Giancarla Codrignani,Katia Graziosi, Patricia Tough, Layla Buzzi, Fernanda Minuz, Luisa Vigetti Anna Draghetti, Carla Lanzi, Angela Macchi,Sandra Schiassi, Milena Schiavina, Annamaria Tagliavini, Sandra Capri, Grazia Negrini, Luki Massa, Nadia Tolomelli, Paola Bottoni, Teresa Ganzerla, Ornella Masotti. Marinella Manicardi, Maria Teresa Cassini, Federica Mazzoni, Chiara Berti.
Aggiungiamo l'adesione della CGIL Bologna tutta come comunicato da Nadia Tolomelli della segreteria della Camera del Lavoro

25 aprile 2012

Campagna nazionale delle Donne in Nero per la Pace

Mille e Mille Pensieri contro la Guerra
Mille e Mille Pensieri per la Pace


Usciamo dalle guerre

Tagliamo le spese militari

Smilitarizziamo le nostre vite

Smilitarizziamo il 2 giugno


Facciamo della festa della repubblica una festa di pace e democrazia



Informazioni e commenti collegandovi a questo link

29 marzo 2012

E'morta Adrienne Rich poeta, saggista, lesbica e femminista


E' morta a Santa Cruz in California a 82 anni, il 27 marzo 2012, percomplicazioni connesse all' artrite reumatoide di cui soffriva, AdrienneRich, poeta e saggista lesbica e femminista che, come sottolinea MargalitFox dando notizia della sua scomparsa sul "New York Times", "ha portatol'oppressione delle donne e delle lesbiche sulla prima linea del discorsopoetico, tenendocelo per quasi mezzo secolo".Rich era nata il 16 maggio1929 a Baltimore, nel Maryland, da una famigliabenestante. Il padre Arnold Rice Rich era un medico ebreo che insegnava allaJohn Hopkins University; la madre Helen Gravely Jones era una pianista ecompositrice protestante che aveva abbandonato la sua carriera per dedicarsial marito e ai figli. Nel 1951, dopo la laurea in letteratura al RadcliffeCollege, Adrienne pubblicò la sua prima raccolta di poesie "A Change ofWorld" e viaggiò a lungo in Europa, visitando Firenze e quasi tuttal'Italia. Nel 1953 sposò Alfred Conrad, economista ad Harvard, con il qualeebbe tre figli tra il 1955 and 1959, risiedendo con la famiglia a Cambridgesino al 1966, quando si trasferi' a New York e diventò un' attivista nelleproteste contro la guerra del Vietnam e nel movimento per i diritti civili.Partecipando al movimento femminista, prese coscienza del suo amore per ledonne. Nel 1969 Rich pose fine al suo matrimonio e l'anno dopo suo marito sisuicidò. Dal 1976 Rich ha vissuto con la sua compagna, la scrittriceMichelle Cliff, di origine giamaicana. Entrambe si trasferirono nel 1979 aMontague, nel Massachusetts, e poi nel 1984 a Santa Cruz, in California.Rich ha pubblicato venticinque volumi di poesie (tra cui "Snapshots of aDaughter-in-Law", 1963; "Necessities of Life", 1966; "Leaflets", 1969; "Willto Change", 1971; Diving into the Wreck", 1974; "Twenty-One Love Poems",1976; "The Dream of a Common Language",1978; "A Wild Patience Has Taken MeThis Far", 1981; "The Fact of a Doorframe", 1984; "Time's Power", 1989; "AnAtlas of the Difficult World", 1991; "Midnight Salvage", 1999; "Fox", 2001;"The School Among the Ruins", 2004; "Telephone Ringing in the Labyrinth",2007; "Tonight No Poetry Will Serve", 2010) e sette volumi di prose e saggi("Of Woman Born", 1976; "On Lies, Secrets and Silence", 1979; "Blood, Bread,and Poetry", 1986; "What Is Found There: Notebooks on Poetry and Politics",1993: "Arts of the Possible", 2001; "Poetry and Commitment", 2007, "A HumanEye", 2009). Per le sue opere ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti,ed ha insegnato nelle più prestigiose università statunitensi.E' stata una delle figure più significative della letteratura americanacontemporanea. Dalla metà degli anni Settanta, il suo ruolo di "poeta diidee" nel movimento femminista e lesbico ha aperto dibattiti fondamentali,come quello seguito alla pubblicazione del suo famoso testo del 1980"Compulsory Heterosexuality and Lesbian Existence" ("Eterosessualitàobbligatoria ed esistenza lesbica"). Nel 1997 Adrienne Rich ha rifiutato la National Medal of Arts, dicendo:"Non posso accettare un simile premio dal presidente Clinton o da questaCasa Bianca perché l'autentico significato dell'arte, come io lo intendo, èincompatibile con la cinica politica di questa amministrazione... L'arte nonsignifica niente se serve semplicemente a decorare il tavolo da pranzo delpotere che la tiene in ostaggio". Nel febbraio del 2003 rifiutò anche dipartecipare a un simposio alla Casa Bianca su "Poetry and the AmericanVoice", in segno di protesta contro la guerra in Iraq. La radicalitàpolitica di Rich è sempre stata anche poetica. Nel 1968, nella poesia"Planetarium" dedicata all'astronoma Caroline Herschel (1750-1848),scriveva: "... Sono uno strumento a forma / di donna che cerca di tradurrepulsazioni / in immagini per il sollievo del corpo / e la ricostruzionedella mente."
Rosanna Fiocchetto