30 giugno 2009

Appello di donne alle first ladies:"Non venite al G8 italiano" - 12900 firme

Margherita Hack, Dacia Maraini e Franca Rame hanno aderito

FIRMATE ANCHE VOI!
Appello di donne alle first ladies:

Siamo profondamente indignate, come donne impegnate nel mondo dell’università e della cultura, per il modo in cui il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, tratta le donne sulla scena pubblica e privata.

Non ci riferiamo solo alle vicende relazionali del premier, che trascendono la sfera personale e assumono un significato pubblico, ma soprattutto alle modalità di reclutamento del personale politico e ai comportamenti e discorsi sessisti che delegittimano con perversa e ilare sistematicità la presenza femminile sulla scena sociale e istituzionale. Questi comportamenti, gravi sul piano morale, civile, culturale, minano la dignità delle donne e incidono negativamente sui percorsi di autonomia e affermazione femminili.

Il controllo che Berlusconi esercita sulla grande maggioranza dei media italiani, in spregio a ogni regola democratica, limita pesantemente le possibilità di esprimere dissenso e critica. Risulta difficile, quindi, far emergere l’insofferenza di tante donne che non si riconoscono nell’immagine femminile trasmessa dal premier e da chi gli sta intorno.

Come cittadine italiane, europee e del mondo, rivolgiamo un appello alle first ladies dei paesi coinvolti nel prossimo G8 dell’Aquila perché disertino l’appuntamento italiano, per affermare con forza che la delegittimazione della donna in un paese offende e colpisce le donne di tutti i paesi.

Chiara Volpato (Professore Ordinario – Università di Milano-Bicocca)
Angelica Mucchi Faina (Professore Ordinario – Università di Perugia)
Anne Maass (Professore Ordinario – Università di Padova)
Marcella Ravenna (Professore Ordinario – Università di Ferrara)

(22 giugno 2009)

24 giugno 2009

In ricordo di Neda ci coloriamo di verde - La sorella scrive al mondo


Da Agenziami.it
Neda, 26 anni, uccisa barbaramente dal regime dei mullah durante una pacifica manifestazione di protesta

«Diffondete il più possibile»

Iran, in ricordo di Neda. La sorella scrive al mondo
Sui social network il messaggio rimbalza in queste ore per il mondo

In queste ore su Facebook gira e viene tradotta la lettera della sorella di Neda, la ragazza uccisa a Teheran il 20 giugno durante una manifestazione......
La sorella di Neda chiede esplicitamente che questa lettera sia diffusa il più possibile da tutti coloro che la leggeranno per ricordare Neda e tutte le vittime della violenza di queste ore a Teheran.

Ieri avevo scritto un breve appunto perchè avevo un'idea fissa: 'domani sarà un grande giorno [alla manifestazione] , ma io potrei essere uccisa...' Invece ora io sono qui, viva, e a essere uccisa è stata mia sorella. Sono qui a piangere mia sorella morta tra le braccia di mio padre. Io sono qui per raccontarvi quanti sogni coltivava mia sorella... Io sono qui per raccontarvi quanto fosse una persona dignitosa e bella, mia sorella...Sono qui per raccontarvi come mi piaceva guardarla quando il vento le agitava i capelli... Quanto [Neda] volesse vivere a lungo, in pace e in eguaglianza di diriiti.... Di quanto fosse orgogliosa di dire a tutti, a testa alta, 'Io sono iraniana'...

Di quanto fosse felice quando sognava di avere un giorno un marito con capelli spettinati, [sognava] di avere una figlia e di poterle fare la treccia ai capelli e cantarle una ninna-nanna mentre dormiva nella culla. Mia sorella è morta per colpa di chi non conosceva la vita, mia sorella è morta per un'ingiustizia senza fine, mia sorella è morta perchè amava troppo la vita... Mia sorella è morta perchè provava amore per tutte le persone...

Chiunque leggerà questa mia lettera, per favore, accenda una candela nera con un piccolo nastro verde alla base e ricordi Neda e tutti i Martiri di queste giornate, ma quando la candela si sarà spenta non dimenticatevi di noi, non lasciateci soli...

Teheran, 22 Giugno 2009 (h. 10.08)
(ami)2009-06-22 14:30:24

22 giugno 2009

Il grido delle donne iraniane


Da Repubblica.it
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So anche che le donne iraniane sono in prima linea. Da giorni, ormai, le vedo incoraggiare gli uomini meno coraggiosi ad andare avanti. Le ho viste percosse e poi ributtarsi nella mischia. "Perché state lì seduti?", ha gridato una donna a due uomini accovacciati sul marciapiede. "Alzatevi! Alzatevi!". Un'altra donna, Mahin, 52 anni, occhi verdi, si trascinava piangendo in un vicolo, con le mani sul volto. Poi, incoraggiata dalle persone intorno a lei, ha raggiunto zoppicando la folla che si dirigeva verso piazza della Libertà. La accompagnavano le grida di "Morte al dittatore" e "Vogliamo la libertà".

13 giugno 2009

Ronde nere: adesso sì che ci sentiamo sicure!


Da Repubblica.it
13 giugno- MILANO
- Dicono di essere più di 2.000 in tutta Italia, pronti ad indossare una divisa per "collaborare con le autorità contro la delinquenza". Sono le "ronde nere": camicia kaki, basco con aquila imperiale romana, una fascia nera al braccio con impressa la "ruota solare" e pantaloni grigi. Sono i volontari della Guardia nazionale italiana, pronti a pattugliare le strade 24 ore su 24, affiancando le ronde padane, non appena sarà approvato dal Senato il disegno di legge sulla sicurezza.
Sponsor l'Msi. L'iniziativa è stata presentata oggi a Milano, durante il primo convegno nazionale del Movimento sociale italiano-Destra italiana, che fornisce supporto logistico e finanziario e mette a disposizione le risorse per il progetto.
Saya: "Volontari, ex agenti". Ispiratore politico della GNI, Gaetano Saya, rinviato a giudizio nel 2004 per aver diffuso "idee fondate sulla superiorità e l'odio razziale", lo stesso che qualche anno fa parlò degli immigrati come "un pericolo per la nostra razza". "Abbiamo superato ampiamente le duemila adesioni. Ogni giorno - spiega orgoglioso - ne arriva una valanga di nuove, soprattutto ex appartenenti alle forze dell'ordine".
Comandante, ex ufficiale dei carabinieri. Il comandante della Guardia Nazionale Italiana è un colonnello dei carabinieri in riserva. Augusto Calzetta, 67 anni, carriera fra Genova e la Versilia, che vanta l'arresto di Ovidio Bompressi e le indagini sul mostro di Barbagli a Genova e sul sequestro dell'Achille Lauro. Un anno fa è stato arrestato dagli ex colleghi perché sospettato di essere coinvolto in una storiaccia di lucro sulle cremazioni: "Frottole: non c'entro niente".
"Siamo apolitici". Della GNI ci tiene a dire che è "apolitica: né neri, né verdi, né gialli. E' una Onlus che vuole fare del bene ai cittadini. Vogliamo vigilare su determinate aeree, ma niente manganelli, elmetti e svastiche". Eppure gli elmetti fanno parte della divisa ufficiale. Chi mette i soldi? "Per ora ne abbiamo pochissimi. Speriamo nel governo". Cosa farete in concreto? "Andremo in giro nei posti malfamati, controlleremo e riferiremo a chi di dovere".
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12 giugno 2009

Ecco il pensiero di Gheddafi: "Quali diritti?"

Foto da dilatua.libero.it

Continuiamo a non capire perchè 700 donne debbano incontrare Gheddafi.

Dal Corriere della sera.it
Il popolo, le sedie e la democrazia

Più sedie per tutti! Invitato «dar rettore d’a Sapienza» Luigi Frati, in «roma­nesc-english» con auto-traduzione simulta­nea, a spiegare cos’è l’essenza della democra­zia, Sua Altezza Serenissima Muammar Gheddafi ha vinto l’immensa noia che pare­va inchiodarlo per concedere il suo pensiero. Punto primo, basta partiti: «Il partitismo è un aborto della democrazia». In realtà «il popolo si vuole sedere sulle sedie »
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Ma ecco che, con due ore soltanto di ritardo, in mezzo a una folla di decine di guardie del corpo, mentre nell’aula arrivano gli echi delle contestazioni all’esterno, il Raìs libico si materializza. Ampia veste gialla, capelli prodigiosamente neri, gesti lenti. L’hanno chiamato a tenere una «lectio magistralis»?
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Luigi Frati gongola, annuisce, consente. E porge infine la parola agli studenti. Si alza uno dall’aspetto perbenino e rassicurante. Macché, va diritto sugli immigrati respinti sui barconi: «Come vengono rispettati, in Libia, i loro diritti?». L’interprete: «Quali diritti?». «I loro diritti». «Quali diritti?». «I diritti!», gridano due o tre in sala: «I diritti politici». L’interprete si china sul Raìs, che si scuote: «Quali diritti?». E si avvita a spiegare che, per carità, la domanda fa onore a chi l’ha posta ma «gli africani sono degli affamati, non dei politici, gente che cerca cibo».
E i dittatori? «Non ci sono dittatori, in Africa... La dittatura c’è quando una classe sta sopra un’altra. Se sono tutti poveri...». Stringe gli occhi a fessura e affonda: «Volete un milione di rifugiati? Ne volete venti? Cinquanta? Sarebbe una grande cosa...».
Ma ecco una studentessa che dice d’aver letto il libretto verde. Plaude: «So che fate tanto, per le donne». Ah, dice il Raìs: grandi spazi! E invita a farsi avanti le «amazzoni » bellocce e grintose che gli fanno da body-guard. Ammazza!, sbotta er rettore: «Le abbiamo apprezzate molto! Purtroppo c’è qui mia moglie e...».
Il massimo, però, arriva quando gli chiedono cosa pensa della democrazia e quando in Libia, finalmente, ci saranno libere elezioni. Risposta: «La democrazia è una parola araba che è stata letta in latino ».
Ma come, non viene dal greco demos (popolo) e kratos (potere) come studiamo da secoli? No: «Demos in arabo vuol dire popolo e crazi vuol dire sedia. Cioè il popolo si vuole sedere sulle sedie».
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Gian Antonio Stella
12 giugno 2009

7 giugno 2009

Un harem italiano per Gheddafi


Gheddafi chiede e ottiene di incontrare 700 donne durante la sua visita in Italia.
Ecco la risposta, segnalata da Luki Massa alla Rete delle Donne, che intendiamo recapitargli.

Per adesioni individuali semir@libero.it

Al Leader della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista
(Per conoscenza alle e ai rappresentati del governo italiano e dell’Unione europea)
Gentile Muammar Gheddafi,
noi non facciamo né vogliamo far parte delle 700 donne che lei ha chiesto di incontrare il 12 giugno durante la sua visita in Italia. Siamo, infatti, donne italiane, di vari paesi europei e africani estremamente preoccupate e scandalizzate per le politiche che il suo Paese, con la complicità dell’Italia e dell’Unione europea, sta attuando nei confronti delle donne e degli uomini di origine africana e non, attualmente presenti in Libia, con l’intenzione di rimanervi per un lavoro o semplicemente di transitarvi per raggiungere l’Europa. Siamo a conoscenza dei continui rastrellamenti, delle deportazioni delle e dei migranti attraverso container blindati verso le frontiere Sud del suo paese, delle violenze, della “vendita” di uomini e donne ai trafficanti, della complicità della sua polizia nel permettere o nell’impedire il transito delle e dei migranti. Ma soprattutto siamo a conoscenza degli innumerevoli campi di concentramento, a volte di lavoro forzato, alcuni finanziati dall’Italia, in cui donne e uomini subiscono violenze di ogni tipo, per mesi, a volte addirittura per anni, prima di subire la deportazione o di essere rilasciati/e. Alcune di noi quei campi li hanno conosciuti e, giunte in Italia, li hanno testimoniati .Tra tutte le parole e i racconti che abbiamo fatto in varie occasioni,istituzionali e non, o tra tutte le parole e i racconti che abbiamo ascoltato, scegliamo quelli che anche Lei, insieme alle 700 donne che incontrerà, potrà leggere o ascoltare. Fatawhit, Eritrea : “Il trasferimento da una prigione all’altra si effettuava con un pulmino dove erano ammassate 90 persone. Il viaggio è durato tre giorni e tre notti, non c’erano finestre e non avevamo niente da bere. Ho visto donne bere l’urina dei propri mariti perché stavano morendo di disidratazione. A Misratah ho visto delle persone morire.
A Kufra le condizioni di vita erano molto dure (…) Ho visto molte donne violentate, i poliziotti entravano nella stanza, prendevano una donna e la violentavano in gruppo davanti a tutti. Non facevano alcuna distinzione tra donne sposate e donne sole. Molte di loro sono rimaste incinte e molte di loro sono state obbligate a subire un aborto, fatto nella clandestinità,mettendo a forte rischio la propria vita. Ho visto molte donne piangere perché i loro mariti erano picchiati, ma non serviva a fermare i colpi dei manganelli sulle loro schiene. (…) L’unico metodo per uscire dalle prigione libiche è pagare.” (http://www.storiemigranti.org/spip.php?article67).
Saberen, Eritrea: “Una volta stavo cercando di difendere mio fratello daicolpi di manganello e hanno picchiato anche me, sfregiandomi il viso. Unadelle pratiche utilizzate in questa prigione era quella delle manganellate sulla palma del piede, punto particolarmente sensibile al dolore. Per uscire ho dovuto pagare 500 dollari.”
(http://www.storiemigranti.org/spip.php?article67). Tifirke, Etiopia: “Siamostate picchiate e abusate, è così per tutte le donne”. (Dal film “Come un uomo sulla terra”).
Siamo consapevoli, anche, che Lei e il suo Paese non siete gli unici responsabili di tali politiche, dal momento che gli accordi da Lei sottoscritti con il governo italiano prevedono ingenti finanziamenti da parte dell’Italia affinché esse continuino ad attuarsi e si inaspriscano nei prossimi mesi e anni in modo da bloccare gli arrivi dei migranti sulle coste italiane; dal momento, inoltre, che l’Unione europea, attraverso le sue massime cariche, si è espressa in diverse occasioni a favore di una maggiore collaborazione con il suo Paese per fermare le migrazioni verso l’Europa . Facciamo presente innanzitutto a Lei, però, e per conoscenza alle e ai rappresentati del governo italiano, alle ministre e alle altre rappresentanti del popolo italiano che Lei incontrerà in questa occasione,così come alle e ai rappresentanti dell’Unione europea, una nostra ulteriore consapevolezza: quella per cui fare parte della comunità umana, composta da donne e uomini di diverse parti del mondo, significa condividere le condizioni di possibilità della sua esistenza. Tra queste, la prima e fondamentale, è che ogni donna, ogni uomo, ogni bambino, venga considerato un essere umano e rispettato/a in quanto tale. Finché tale condizione non verrà considerata da Lei né dalle autorità italiane ed europee noi continueremo a contestare e a combattere le politiche dell’Italia, della Libia e dell’Unione europea che violano costantemente i principi che stanno alla base della sua esistenza e fino a quel momento, quindi, non avremo alcuna voglia di incontrarla ritenendo Lei uno dei principali e diretti responsabili delle pratiche disumane nei confronti di una parte dell’umanità.

Sommosse mailing list

6 giugno 2009

Delegazione del parlamento europeo e di parlamenti nazionali in Egitto, Palestina, Israele e Giordania


INFOPRESS
Iniziativa Presidenza e Parlamento della Repubblica Ceca
PARLAMENTI NAZIONALI ED EUROPEO IN EGITTO, PALESTINA, GAZA, WEST BANK, ISRAELE E GIORDANIA, 7-13 GIUGNO 2009
Luisa Morgantini rappresenterà il Parlamento Europeo
Roma, 5 giugno 2009
Una folta delegazione dei Parlamenti Nazionali dell’Unione Europea -Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lettonia, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo e Slovacchia - e di paesi candidati -tra i quali Turchia e Croazia- guidati da Miloslav Vlček, Presidente della Camera dei Deputati del Parlamento della Repubblica Ceca, si recheranno in visita in Egitto, nei Territori Occupati Palestinesi, a Gaza e in Cisgiordania, in Israele e in Giordania dal 7 al 13 giugno 2009. I parlamentari che compongono la delegazione rivestono incarichi di presidenti delle Commissioni per le relazioni esteri o Presidenti della Camera o del Senato. Il parlamento italiano non è presente.
Luisa Morgantini Vice Presidente del Palamento Europeo, che parteciperà in rappresentanza del PE, ha ricordato che: " Questa è la prima delegazione concertata in comune tra i Parlamenti dell'UE con la presenza anche di Parlamenti non ancora parte della Unione Europea ma membri della Assemblea dei Parlamenti del Mediterraneo. Questa missione è di estrema rilevanza per capire e conoscere la situazione nella regione e, io mi auguro, anche per portare avanti con forza e impegno la politica della UE: la fine dell'occupazione israeliana e la violenza da ogni parte con la realizzazione di uno Stato Palestinese democratico e indipendente che coesista pacificamente con lo Stato d'Israele. La visita avviene dopo lo storico discorso del Presidente USA Obama, che mostra la determinazione e il giusto linguaggio affinché sia posta fine all'umiliazione e sofferenza quotidiana dei Palestinesi sotto occupazione militare e alle paure della popolazione israeliana".
La delegazione prevede incontri con rappresentanti delle Autorità, delle Istituzioni, dei Parlamenti locali -tra cui il Presidente palestinese Mahmoud Abbas, il Presidente israeliano Shimon Peres, il Segretario Generale della Lega Araba Amre Moussa, il Presidente dell’Assemblea del popolo egiziano Fathi Sorour, lo Speaker del Parlamento Giordano e Presidente dell’Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea (EMPA) Al-Majali- e con rappresentanti della politica e della società civile egiziana, palestinese, israeliana e giordana.
I Parlamentari si recheranno a Gaza il giorno 9 giugno, entrando dal valico di Rafah, incontreranno rappresentanti dell’UNRWA, del Consiglio Legislativo Palestinese, di ONG e associazioni della società civile e visiteranno la popolazione e le aree industriali e rurali maggiormente colpite dall’aggressione militare israeliana "piombo fuso". In Israele la delegazione visiterà la cittadina di Sderot colpita dai rockets dei gruppi armati palestinesi.
Luisa Morgantini è disponibile per interviste e dichiarazioni ai numeri:
+ 39 348 39 21 465/ +972 527 251612
INFO Ufficio Luisa Morgantini 0039 06 69 95 02 17; 0032 22 84 51 51
luisa.morgantini@europarl.europa.eu; www.luisamorgantini.net;