23 dicembre 2008

Non dimentichiamo la sofferenza delle donne di Gaza

Dal Reportage del PCHR (Centro palestinese per i diritti umani) 26 novembre 2008

Il 25 novembre le donne in tutto il mondo celebrano la Giornata per l’Eliminazione della violenza contro le Donne adottata ufficialmente dall’ONU nel 1999, come partecipazione agli sforzi esercitati per eliminare la violenza contro le donne e insistere presso i paesi perché adottino le misure necessarie per assicurare alle donne il godimento di una necessaria sicurezza.
Quest’anno, in questa Giornata internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, la sofferenza delle donne palestinesi continua a causa della violenza da parte delle Forze di Occupazione israeliane (FOI) e della violenza interna palestinese.
Nel corso del 2008, anche l’assedio imposto alla Striscia di Gaza dalle FOI ha comportato la morte di 13 donne. A queste donne è stato negato il diritto a viaggiare per avere cure mediche avanzate fuori di Gaza, che non dispone di servizi sanitari adeguati e soffre per la mancanza di farmaci ed attrezzature. Così il numero totale di donne uccise nella Striscia di Gaza sale a 32 donne nel 2008.
Le FOI tengono in prigione ancora +/- 97 donne palestinesi, che sono vittime di forme di trattamenti umilianti applicati dalle amministrazioni carcerarie israeliane. Queste pratiche includono i maltrattamenti, la tortura, un trattamento degradante e cattive condizioni di vita in carcere.
Per quanto concerne la situazione palestinese interna, le donne palestinesi sono ancora oggetto di una violenza interna in differenti contesti e ne sono vittime. Nel 2008, il PCHR (Centro palestinese per i diritti umani) ha registrato l’omicidio di 6 donne palestinesi, 4 a Gaza e 2 in Cisgiordania, a motivo del caos nella sicurezza e di un cattivo uso delle armi. Il PCHR ha anche registrato «gli omicidi d’onore» di 3 donne palestinesi, 2 a Gaza ed uno in Cisgiordania.
Benché ci sia stato un calo notevole del numero di donne uccise per il caos nella sicurezza, per un cattivo uso delle armi e per gli «omicidi d’onore» nel 2008, rispetto all’anno precedente*, c’è un bisogno urgente di compiere più sforzi e intraprendere più azioni per affrontare la violenza interna e le sue ripercussioni, insistendo di più sugli «omicidi d’onore» che richiedono ulteriori seri sforzi per assicurare gli autori alla giustizia e non tollerare questo genere di crimini.
Nel 2008, l’assedio imposto alla Striscia di Gaza dalle FOI ha costituito uno dei fattori più significativi della sofferenza delle donne palestinesi nella Striscia di Gaza. L’assedio delle FOI ha colpito direttamente le loro vite e le loro condizioni di vita, ed ha lasciato su di loro delle ripercussioni negative, rappresentate dalla violazione diretta dei loro diritti, compreso il diritto alla vita, il diritto alla salute, il diritto ad uno standard di vita adeguato, il diritto all’educazione ed altri diritti.
Inoltre l’assedio imposto alla Striscia di Gaza dalle FOI colpisce negativamente le donne palestinesi, soprattutto dall’inizio di novembre 2008 quando le FOI hanno aumentato le procedure di chiusura e imposto nuove restrizioni alla libera circolazione dei beni di base (cibo e farmaci) per i civili. Ne consegue che le donne di Gaza rischiano di ammalarsi di più e che si nega loro l’accesso ai beni fondamentali, comprese l’energia e l’acqua potabile.
Le donne palestinesi soffrono di un deterioramento continuo delle loro condizioni di vita. Il loro carico di lavoro aumenta perché si fa loro carico della gestione delle loro case e dell’approvvigionamento del cibo e del fatto di essere obbligate a far fronte alle ripercussioni della violazione dei loro diritti economici, sociali e culturali da parte delle FOI. Queste violazioni creano una crisi umanitaria cronica a causa dell’aumento della povertà e del tasso di disoccupazione dovuti alla politica israeliana imposta alla Striscia di Gaza.

11 dicembre 2008

Foto e video del 25 Novembre e dintorni : le Donne in Nero di Bologna e la mostra delle donne colombiane "La memoria al Viento"











Martedì 25 novembre abbiamo partecipato all'Assemblea Ri/Creativa in piazza Nettuno dove, sfidando le intemperie, è stata ospitata la mostra delle donne colombiane"La memoria al Viento" . Patricia Tough ha parlato in piazza non solo dei contenuti della mostra ma anche di come , nel quadro della violenza maschile sulle donne, il conflitto armato, il militarismo e il machismo dilaganti, colpiscono la vita delle donne mettendone in pericolo l'incolumità e l'integrità e cercando di impedirne l'autodeterminazione e la libertà.















Martedì 2 dicembre la Casa Internazionale di Roma ha ospitato la nostra iniziativa sulla Organizacion Femenina popular e Ruta Pacifica con la mostra "Memoria al Viento" , poesie di Piedad Morales della Ruta, lettura di testi, DVD sulla situazione in Colombia da una prospettiva di genere e sulle attività delle Donne di Ruta e OFP.















Venerdì 5 dicembre siamo state a Lugo (Ravenna) con la stessa iniziativa.

Continua la campagna internazionale delle Donne in Nero di solidarietà al LaOnf anche a Bologna

Come Donne in Nero di Bologna continuiamo la campagna di solidarietà al LaOnf, un insieme di 150 organizzazioni che lavorano per diffondere la nonviolenza nella società irachena, promuovendo attività finalizzate alla riduzione della violenza e del conflitto fra le comunità per costruire la pace fra i gruppi etnici e religiosi e chiamando la comunità internazionale a porre fine all'occupazione.

Ci stiamo attivando per organizzare nei prossimi mesi, insieme ad altre associazioni del territorio bolognese, alcuni momenti di incontro con esponenti del LaOnf.

Si vuole sfatare il preconcetto secondo cui la società irachena è violenta e fondamentalista. Si sta infatti formando una società civile che lavora da quattro anni per diffondere pratiche nonviolente per affermare i diritti umani e contrastare l'ingiustizia dell'occupazione.

Il sonno della ragione genera mostri: comunicato stampa di Luisa Morgantini

I COLONI ISRAELIANI SONO UNA TRAGEDIA PER I PALESTINESI E UN PERICOLO PER ISRAELE




Subito forze internazionali a protezione della popolazione palestinese

Roma 6 dicembre
Quello che sta accadendo a Hebron non è un caso: anni di connivenze, spalleggiamenti, strizzatine d'occhio da parte dei vari governi che si sono succeduti alla guida dello Stato di Israele e che hanno portato avanti contro ogni diritto internazionale una vera e propria politica coloniale, sono alla base dei fatti drammatici e delle violenze da parte dei coloni israeliani a cui stiamo assistendo nella sua recrudescenza nell'ultima settimana a Hebron e in altre città, dove i coloni attaccano i Palestinesi, sradicano gli alberi, bruciano case e moschee; una violenza che da anni colpisce la quotidianità della popolazione civile palestinese in tutti i territori occupati.
Il caso della 'casa della discordia' è solo l'ultimo in ordine di tempo nella cronaca che descrive la vita a Hebron, città fantasma dove 120.000 Palestinesi vivono ostaggi di 500 o 600 coloni israeliani protetti da migliaia di soldati e paramilitari, e dove sono all'ordine del giorno provocazioni, aggressioni e slogan razzisti come "Morte agli arabi". Più di 800 negozi palestinesi sono stati costretti a chiudere a causa degli attacchi dei coloni: su questi negozi chiusi, i coloni hanno disegnato la stella di Davide come segno di conquista.
Le violenze da parte dei coloni di Hebron, a cui si sono aggiunti migliaia di altri coloni della regione, sono scattate in seguito e in ritorsione alla decisione della Corte Suprema Israeliana di evacuare la casa della 'discordia' occupata arbitrariamente da un gruppo di 13 famiglie israeliane. Lo sgombero avvenuto ieri dopo il personale e diretto coinvolgimento del Ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, è stato realizzato tra scontri, incidenti e ferimenti da circa 600 agenti in tenuta antisommossa della polizia israeliana.
"In questo caso il Governo israeliano ha saputo trovare parole dure e atti decisi contro i coloni che continuano però con le loro aggressioni e devastazioni verso i palestinesi: molti di loro li vediamo ritratti nelle foto nell'atto di lanciare pietre o addirittura di sparare, giovanissimi e giovanissime eppure già abbagliati da una violenza e un estremismo che fa paura, che incendia, distrugge e tormenta la popolazione palestinese di Hebron, di Nablus, di Gerusalemme, Tulkarem e di altre città in tutta la Cisgiordania occupata. Questi coloni, che stanno diventando sempre più aggressivi e violenti, rappresentano anche un rischio per Israele. Il Governo Israeliano dovrebbe incolpare se stesso perché è noto che "il sonno della ragione genera mostri".
Ci si chiede perché la stessa durezza e decisione da parte del Ministro della Difesa Ehud Barak o del Ministro degli Esteri Livni o dello stesso Premier uscente Olmert, non sia arrivata prima a evacuare e congelare tutte le colonie illegali; perché non abbiano capito e ostacolato prima il pericolo che questi coloni radicali rappresentano per lo stesso Stato di Israele.
La realtà è che nonostante le promesse di pace, da Annapolis le colonie israeliane sono cresciute, così come sono cresciuti gli insediamenti illegali a Gerusalemme Est, così come va avanti la costruzione del muro che ruba le terre palestinesi, che sradica gli alberi, che impedisce il movimento, che umilia e che nega un futuro ai Palestinesi ancora oggi dopo oltre 60 anni di Nakba e più di 40 di occupazione militare.
Ora, non vorrei proprio rivedere quello che è accaduto dopo il massacro perpetrato da Baruch Goldstein dentro la Moschea di Abramo: sempre più coloni e sempre più soldati per difendere l'occupazione illegale della città vecchia e l'espansione dell'insediamento di Kyriat Arba.
Certamente la responsabilità è anche della Comunità Internazionale e del Quartetto che non hanno fatto nulla per fermare queste persecuzioni. Ma non possono dire che non sapevano.
Ogni settimana il TIPH, una missione di osservazione civile che monitora lo stato dei diritti umani e le illegalità a Hebron, invia rapporti dettagliati agli Statti Membri sull'aumento delle violenze perpetrate, negli anni, dai coloni israeliani. Eppure niente è stato fatto.
E allora ha ragione Hatem Abdul Qader, consigliere del Premier Salam Fayyad, che lamentando il nostro silenzio di fronte a queste giornate di Hebron e interrogandosi sul ruolo dell'UE, ha chiesto: "E se gli europei si sentono incapaci persino di fare una dichiarazione di condanna, come possiamo aspettarci che possano contribuire alla risoluzione del conflitto?".
Faccio appello alle Nazioni Unite, al Quartetto, a chiunque abbia a cuore la giustizia e la pace: fermate i coloni e le colonie, inviate forze internazionali a proteggere la popolazione palestinese.

Per informazioni : Luisa Morgantini, Vice Presidente del Parlamento Europeo
0039 348 39 21 465 o 0039 06 69 95 02 17; luisa.morgantini@europarl.europa.eu;
http://www.luisamorgantini.net/
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